EUCARISTIA = PANE SPEZZATO

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L'Eucaristia è principalmente ringraziamento che la Chiesa innalza al Padre per mezzo di Cristo nello Spirito Santo: anzi, è il ringraziamento per eccellenza. Afferma infatti la Costituzione conciliare sulla liturgia: “La Chiesa mai ha tralasciato di riunirsi in assemblea per celebrare il mistero pasquale mediante la celebrazione dell'Eucaristia … e mediante l'azione di grazie a Dio per il suo dono ineffabile (2 Cor 9,15) nel Cristo Gesù, a lode della sua gloria (Ef 1,12), per virtù dello Spirito Santo” (Sc, 6).
Accanto al ringraziamento, ci corre l'obbligo di obbedire ad un esplicito comando del Signore: “Fate questo in memoria di me” (Lc 22,19).
La Chiesa, facendo memoria del sacrificio di Cristo, lo attualizza ripresentandolo al cuore dei fedeli perché lo vivano nella loro esistenza.
Al tempo stesso il sacrificio di Cristo, resosi presente e attuale nella celebrazione, associa a sé anche un altro sacrificio, quello della Chiesa. Essa, che è il corpo di Cristo, non può non essere unita al suo Signore. Ogni volta, pertanto, che si rinnova il mistero della croce si celebra pure l'offerta della Chiesa. Cristo si dona al Padre nel segno del pane e del vino che, per le parole della consacrazione, diventano il suo corpo donato e il suo sangue versato. Il Vaticano II riafferma la dottrina tradizionale della Chiesa che nel SS. Sacramento dell'Eucaristia è contenuto veramente, realmente, sostanzialmente il corpo di Nostro Signore Gesù Cristo, e quindi tutto il Cristo intero (cf SC, 7).
Mangiare il corpo del Signore significa essere ammessi ad una comunione profonda con Cristo. È per questo, chi si nutre di Cristo approfondisce la sua comunione con tutto il corpo di Cristo, cioè coi fratelli. Dal banchetto eucaristico discende quindi la responsabilità, l'impegno e la forza della comunione ecclesiale. È ancora il Concilio che lo ribadisce: “Insieme, col sacramento del pane eucaristico, viene ripresentata e prodotta l'unità dei fedeli, che costituiscono un solo corpo in Cristo” (LG, 3).

 


 

La presenza “reale” di Cristo nell'Eucaristia, tuttavia, rimane ancora nascosta sotto le apparenze del pane e del vino. Essa rimanda a un'altra presenza quella che si realizzerà al ritorno di Cristo glorioso, quando saremo col Signore (cf 1 Rs 4,17) e Lui sarà tutto in tutti (cf 1 Cor 15,28). Nel momento infatti in cui lo adoriamo presente sui nostri altari,ci affrettiamo ad acclamare: “Annunciamo la tua morte… nell'attesa della tua venuta”. L'Eucaristia è anticipazione della gloria del cielo. La tensione escatologica, tuttavia, non ci toglie la gioia di gustare nell'Eucaristia già da adesso il dono della presenza del Signore, e di impegnarci comunque a costruire quaggiù la città terrena in vista di quella futura.
L'Eucaristia è veramente il Mistero della fede che, attualizzando la morte sacrificale di Cristo e la sua risurrezione, fa sentire tutti coloro che si nutrono del suo corpo e del suo sangue legati da profondi vincoli di carità fraterna e li pone in un atteggiamento di serena e fiduciosa attesa del suo ritorno finale. Credere nell'Eucaristia e celebrarla spinge necessariamente a viverla. Dobbiamo far sì che la nostra vita sia eucaristica. Essendo l'Eucaristia la ripresentazione sacramentale del sacrificio di Cristo, viverla significa fare della propria vita un'offerta, un dono a Dio e ai fratelli. Una spiritualità eucaristica conduce a donare la propria vita e a impostarla proiettandola al di fuori di sé, per andar incontro agli altri. “Fate questo in memoria di me” significa proprio questo.
Il mistero della croce avviene ancor prima che accada sul Calvario, nella lavanda dei piedi. È Giovanni che nel suo Vangelo riporta l'episodio e lo sostituisce al racconto dell'istituzione dell'Eucaristia. Gesù lava i piedi ai discepoli come fanno i servi e in ciò indica che il servizio, il donarsi, il “perdersi” è l'atteggiamento naturale del discepolo: “Vi ho dato l'esempio perché, come ho fatto io, facciate anche voi” (Gv 13,15).
Donare la vita nel concreto servizio di carità è pertanto la logica conseguenza che si assume chi celebra il sacrificio del Signore.
Tale donazione di carità non può non essere intrisa di gioia e di festa perché, dice l'apostolo: “chi fa opere di misericordia, le compia con gioia” (Rm 12,8).
Essendo l'Eucaristia il banchetto in cui Cristo si offre a noi come cibo, viverla significa entrare in una comunione profonda e in un'unità strettissima di amore e di progetti di vita con Cristo. Nel Vangelo, Giovanni riporta le parole del Signore pronunciate a Cafarnao sul pane di vita: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. Come il Padre che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me” (Gv 6,56-57).
Dice S. Paolo ai Corinti: “Il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo?” (1 Cor 10,16).

 


 

Questa unità con il Signore si estende necessariamente nella comunione con i fratelli: “Poiché c'è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo dell'unico pane” (1 Cor 10,17). Troviamo qui la ragione e la forza per vivere in comunione tra di noi. Vivere l'Eucaristia come mistero di comunione significa essere in unione con Cristo e con il prossimo. Vita eucaristica è questa: è una vita dove la fraternità e l'amore danno sapore alle cose che si fanno, alle relazioni familiari, parentali, ecclesiali e sociali. Anche dentro alla Chiesa le varie parrocchie, le associazioni e i movimenti devono essere animati da questa sollecitazione “eucaristica”. Potessimo anche noi esclamare con S. Agostino, dinanzi alla realtà dell'Eucaristia vissuta: “mistero di amore, simbolo di unità, vincolo di carità!” (cf Su Giovanni 26,6).
Come non sentire il bisogno di ripetere qui i quattro punti che il Papa richiama nella Novo millennio ineunte sulla spiritualità di comunione e che non possono non sgorgare dall'Eucaristia? Spiritualità di comunione significa innanzitutto sguardo del cuore portato sul mistero della Trinità che abita in noi… significa capacità di sentire il fratello di fede nell'unità profonda del corpo mistico, dunque come uno che mi appartiene… significa capacità di vedere innanzitutto ciò che di positivo c'è nell'altro per accoglierlo e valorizzarlo come dono di Dio…significa saper 'fare spazio' al fratello portando i pesi gli uni degli altri” (n. 43). Giovanni Paolo II, nel secondo capitolo dell'enciclica sull'Eucaristia ci dice: “Ai germi di disgregazione tra gli uomini, che l'esperienza quotidiana mostra tanto radicati nell'umanità a causa del peccato, si contrappone la forza generatrice di unità del corpo di Cristo. L'Eucaristia, costruendo la Chiesa, proprio per questo crea comunità fra gli uomini” (Ecclesia de Eucaristia, 24).
Dice Gesù nel Vangelo: “Se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue, ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno” (GV 6,53-54). L'Eucaristia aumenta la nostra speranza. Proprio nel momento in cui Egli è con noi sacramentalmente presente, in quel medesimo istante tutta la Chiesa proclama e acclama: “Vieni, Signore Gesù!” (Ap 22,20). E nell'attesa della sua venuta, la comunità cristiana, sostenuta dalla forza di quel Cibo, continua la sua testimonianza impegnandosi maggiormente nella costruzione della città terrena. Essendo l'Eucaristia la ritualizzazione del corpo donato e del sangue versato “per voi e per tutti”, proietta la Chiesa in un dinamismo missionario che la impegna all'annuncio di Cristo a tutti gli uomini. Scrivevano i nostri Vescovi: “Fare l'Eucaristia in memoria di Cristo, servo obbediente e glorificato, diventa gesto autentico e pieno solo per quelli che dalla celebrazione escono con la chiara coscienza di essere inseriti attivamente nella grande missione ecclesiale” (CEI, Eucaristia, comunione e comunità, 55). Saremo anche noi “missionari” dei nostri fratelli se attingeremo all'Eucaristia come alla sorgente della missione.


Sac. Elio Tinti

 

 

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